" Ogni albero ha una voce, un carattere, un uso " Mauro Corona Libro: "Le voci del bosco" di Mauro Corona (1998) Nel libro, Le voci del bosco, Mauro Corona, scrittore, artista e più in generale uomo della montagna friulana, ha associato l’aspetto esteriore ed interiore di alcuni alberi ai comportamenti degli esseri umani. Ho provato a ricontestualizzare questo libro all’interno di un'azienda... divertitevi a vedere in quale bosco lavorate! (nel testo che segue sono riportate in corsivo le descrizioni dello scrittore) (1) Chiusura del quarter, pressione enorme sui risultati, messaggi, video conferenze, livello di stress ai massimi per tutti, qualcuno esce di testa avventurandosi in imprecazioni fantasiose... non lei o lui che esprimono il massimo della resilienza proprio come il viburno lantana detto revol che si piega senza farsi spezzare. È un albero che ricorda le persone tenaci (ne conoscete? siete voi?) quei colleghi infaticabili anche quando il ritmo lavorativo va a mille, che ammiriamo per la loro capacità di rimanere lucidi e sereni nelle riunioni più burrascose, coscienti delle proprie competenze e saldezza morale. (2) Comincia il solito meeting operativo e lui, sì proprio lui, non si presenta. Passa qualche ora ed inizia la riunione con il VP europeo e lui, questa volta, appare... ecco a voi il nocciolo sottile, ben vestito, diritto, ti dà l'idea del furbetto che non vuole fare nulla e cerca i posti dove batte il sole, al pari dei colleghi spesso desiderosi di mettersi in mostra, di rivendicare la paternità delle buone idee degli altri, che aspirano ad una certa posizione come trampolino per un ulteriore salto verso carriere siderali. Avete già conosciuto qualche nocciolo in azienda? No? Non ci credo! (3) Dopo le fake news, le bad news finalmente le good news come quando si ha la fortuna di incrociare la persona maggiociondolo, l'amico fedele che rimane nell'ombra ma è pronto ad intervenire in caso di bisogno, come coloro che un leader sceglie per confrontarsi sulle questioni più delicate, come quei colleghi che ti aiutano a raggiungere un obiettivo senza chiederti nulla in cambio se non la stima. Ditemi, siete proprio voi un bel maggiociondolo?
(4) C'è chi in azienda cammina e chi vola a tre metri da terra... è appena entrato in ufficio, l'acero, bello ed elegante ma solo di facciata, che ostenta sicurezza, savoir faire, ma che proprio l’altro giorno vi ha chiesto conforto poiché era disperato, succube delle costose richieste della compagna e del figlio adolescente totalmente brandizzati... volare un po' più in basso, no? (5) Dai mi è andata bene con i miei colleghi facciamo gruppo, pratichiamo sport insieme siamo tutti connessi ... ma questa persona è davvero inavvicinabile si tratta dell’acacia ...
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Libro: "Lettera al padre" di F. Kafka (1952) "Io avrei avuto bisogno di un po' di incoraggiamento, un po' di gentilezza di qualcuno che mi lasciasse aperta la mia strada ..." Non vi scrivo il solito pistolotto sul capo "ideale".
Ce ne sono anche troppi, che spiegano quello che un buon capo deve o non deve fare. Kafka si sofferma sull'enorme asimmetria di potere tra padre e figlio che può essere paragonata a quella tra un capo ed un collaboratore. Se da un lato si può diventare genitori senza aver "studiato" da padre o da madre, in un'azienda si può diventare "capi" in ossequio al principio di Peter, ovvero in base alla "massima incompetenza". Il principio di Peter prevede che ognuno raggiunga il punto più alto della scala gerarchica dove la sua incompetenza, in quel ruolo, è massima. Incompetenza non soltanto tecnica ma più spesso relazionale che segna una profonda distanza tra capo e riporto. In un post, precedente avevo scritto che siamo a conoscenza della nostra identità, di chi siamo quando la mattina ci alziamo dal letto; in qualche modo sappiamo di essere noi.
Pirandello, tuttavia, ci stimola a pensare a quanti noi (o immagini di noi) esistono nella testa degli altri con i quali ci relazioniamo. Così anche l'ufficio ed il reparto di lavoro possono diventare un incredibile gioco di specchi. C'è un bel libro di Nicoletta Cavazza che si intitola Pettegolezzi e Reputazione (sua la citazione dall'Otello) che spiega come il peggior nemico della reputazione sia spesso il pettegolezzo che spietatamente corrode, giorno dopo giorno, l'immagine che ognuno di noi proietta sugli altri.
A sua volta, il sociologio Goffman ci introduce al concetto di struttura formale delle organizzazioni, fatta di ruoli, di procedure e di quella, altrettanto influente ed importante che è la struttura, informale, composta da un insieme di aspettative, rituali, pettegolezzi, pregiudizi, convinzioni espresse in contesti non ufficiali quali una sala mensa, la macchinetta del caffé, la sala di ricreazione. Chi lavora in un'azienda deve inevitabilmente tener conto dei due mondi, formale ed informale, che si influenzano ogni giorno. Un buon esempio dell'esistenza di questi due mondi è iI comunicato aziendale esposto in bacheca (virtuale o fisica). In particolare, il momento della sua preparazione e quello successivo della sua interpretazione. C'è chi sostiene che il pettegolezzo nasca nel momento in cui a due persone se ne aggiunga, in modo continuativo, una terza.
Quindi il pettegolezzo viene descritto come un fenomeno sociale connaturato agli esseri umani. Sarà ... !!! Perà quando se ne è il bersaglio, non la si vive molto bene. Innanzitutto il pettegolezzo incolla spesso ad una persona connotati, considerati dall'ambiente di riferimento, negativi. Inoltre costringe il bersaglio del pettegolezzo ad impiegare molte risorse nervose e fisiche per dare, agli altri, dimostrazione di quanto il pettegolezzo sia falso. Che fa invece il vescovo Myriel nel romanzo di Hugo? |
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autore: roberto ceccarelli
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